martedì 1 aprile 2014

AMICI MIEI : Curiosità per intenditori




  AMICI MIEI : Curiosità per intenditori

Per la rubrica "Chicche Artistiche" di questo numero, propongo aneddoti, curiosità, rare foto e interviste per gli amanti della trilogia di "Amici Miei".
La trilogia di "Amici Miei" è un cult del cinema italiano, e molti di noi hanno sognato di partecipare alle avventure e agli scherzi fatti dai 5 amici.
Termini come "supercazzola" oppure "zingarata" fanno tutt'oggi parte del nostro linguaggio, si sa più o meno tutto su questi film , ma vediamo di scoprire ancora qualcosa!





L'idea originale del film è di Pietro Germi, ma il regista morì prima dell'inizio delle riprese e il progetto fu preso in mano da Mario Monicelli.
Nei titoli di testa del film, infatti, si è voluto rendere omaggio all'autore con la scritta «un film di Pietro Germi», cui segue solo successivamente «regia di Mario Monicelli».
Monicelli diede vita ad Amici Miei Atto I (1975) e Atto II (1982), mentre la regia di Amici Miei Atto III, fu curata da Nanny Loy (1985).

Riguardo il cast, prevedeva originariamente la partecipazione di Marcello Mastroianni nel ruolo del nobile decaduto, mentre Ugo Tognazzi doveva interpretare il giornalista.
Tuttavia Mastroianni rifiutò la parte perché riteneva che nei film corali la sua prestazione venisse sempre superata dagli altri attori co-protagonisti.
Monicelli propose allora, la parte del nobile decaduto a Raimondo Vianello, ma anche Vianello rifiutò.
Il personaggio fu allora assegnato a Tognazzi, e per la parte del giornalista fu ingaggiato Philippe Noiret.
La parte del barista Necchi, fu affidata da Germi a Del Prete ma Monicelli pare che volesse già sostituirlo con Montagnani, ed è per questo che Del Prete non compare nel secondo e terzo atto.
Da notare che diversi personaggi e scherzi, sono stati ispirati da persone e fatti realmente accaduti, ad esempio il personaggio di Mascetti è ispirato alla vera storia di un nobile toscano che dilapidò il patrimonio suo e della moglie. Girovagando per il mondo con i suoi amici e facendosi carico di tutte le spese, il nobile in questione tornò a Firenze, qualcuno dice che aveva, si un orso al guinzaglio, ma ormai nessun soldo.

Testimonianze di passanti durante le riprese alla torre di Pisa

Maurizio Nerini - "Ricordo molto bene gli attori di Amici Miei, ma l'immagine più viva e indelebile è  quella di Adolfo Celi che con il suo fare semi-serio, armato di un  megafono da regista, urlava ad un'orda di giapponesi malcapitati:"Figli del Sol Levante! Spingete !"  I giapponesi, reclutati tra la  massa dei turisti presenti, dovevano correre sotto la base della Torre  dalla parte pendente e spingere il monumento. Una scena da  sbellicarsi!  Ma forse proprio per le facce divertite e degli orientali che la scena non fece comparsa tra quelle del film."

La Zoppa di Montinero - "Io ero presente quando stavano girando la famosa scena della Torre "appuntellata". Mi riòrdo che c'erano dei Giapponesi sopra la Torre usati come comparse che ridevano da morì e la 'osa, come potete immaginà 'un andava punto bene per le riprese, allora Ugo Tognazzi andò sotto ar monumento e n'urlò in italiano: " Dovete stare seri ! Mi raccomando! 
Pensate alla supercazzolaprematurata!". Loro, intimoriti forse dalla solennità der tono, smisero di ride' perdavvero, ma in compenso s'inviò a ride noi che s'era li a guardà !"



Incongruenze ed errori

Essendo la trilogia basata molto sui flashback, diverse sono gli errori dovuti principalmente al montaggio, orologi che segnano orari diversi, vestiti che cambiano nella stessa scena ecc...
degni di nota però, sono:
- Nel primo film gli amici miei invitano a cena il Sassaroli che hanno conosciuto poco prima in clinica. Poi vanno alla stazione e lì schiaffeggiano il figlio del Perozzi (adulto) in partenza su un treno. Nel secondo film invece il Sassaroli è già un amico di lunga data ma il figliolo del Perozzi è un bambino!

- Quando il Mascetti si trasferisce nello scantinato, sua figlia è già adulta ("uh si sentono i riscaldamenti del palazzo!"), mentre nell'atto secondo, quando viene accolto il figlio del  Perozzi, "Lucianino", la bambina ha solo due anni ("ha due anni e non parla e non cammina!")



Documentario “L’Ultima Zingarata. Un funeralone da fargli pigliare un colpo!”

Nel film, quando muore il Perozzi, l'architetto Melandri, in lacrime, pronuncia queste parole:
“Come vorrei che venisse fuori un funeralone da fargli prendere un colpo a tutti e due quelli lì, 
e migliaia di persone, tutte a piangere, e corone, telegrammi, bande, bandiere, puttane, militari...”.
E' proprio da questa frase che nel 2010 il regista Federico Micali girò il film documentario "L’Ultima Zingarata", prodotto e ideato da Francesco Conforti, in cui si vuole realizzare il funerale descritto dal Melandri, inoltre nel Dvd è inclusa un'intervista a Monicelli che racconta aneddoti su quelle goliardiche e magiche giornate:
“Il film Amici Miei inizialmente si doveva girare a Bologna. Poi, quando arrivai io, dissi: io sono toscano, il film si fa a Firenze”.

“Le comparse sul treno non sapevano che avrebbero preso degli schiaffi dai cinque amici. Fu una sorpresa per tutti e ci fu un’insurrezione delle stesse comparse”.


"Queste zingarate erano vere, tutte cose che si raccontavano a Firenze. Così come la “supercazzola”: un nostro caro amico, tale Raffaello Pacini, in questo era sublime. Fermava la gente per strada, chiunque fosse, la teneva lì per pochi minuti senza dire niente ma prendendoli in giro. Era bravissimo"



 Qualche link di presentazione del documentario:

Il trailer del film "L'ultima zingarata
Backstage del Documentario
Servizio della Rai sul documentario


Intervista a Gastone Moschin

Gastone Moschin, 83 anni, uno dei grandi signori della commedia all’italiana, ritirato da tempo nella sua casa di Narni, in Umbria, dove si diverte coi cavalli e la sua scuola di recitazione.
Un signor attore, che ha alternato la sua carriera tra cinema e recitazione.
Quando arrivò Amici Miei, nel 1975, aveva appena finito di girare il Padrino II con Francis Ford Coppola, tanto per intenderci.
Aveva girato 52 film, ma la popolarità che gli arrivò addosso con Amici Miei non è niente di paragonabile. Il film fu campione d’incassi, e arrivò il sequel che, secondo i cinefili, è riuscito meglio del primo. Lui era l’architetto Melandri, appunto, “il più fragile”, racconta oggi, “l’ingenuo del gruppo, il meno preparato alla vita. Fu tutto perfetto. Anche se iniziammo male: Pietro Germi, il primo autore, morì una settimana prima dell’inizio delle riprese. Monicelli, con grande signorilità, girò il film come Germi lo aveva pensato”.

“In realtà il mio personaggio è esistito davvero, faceva l’architetto al comune di Firenze. 
E accadde che, nella vita reale, si innamorò perdutamente della moglie di un avvocato molto
conosciuto in Toscana. Nel film vennero solo esagerati i toni e l’avvocato diventò il chirurgo Sassaroli, ma successe che andò davvero a chiedere la mano della donna al marito, che gliela
cedette senza battere ciglio. Leggende metropolitane, che poi Monicelli, da buon toscanaccio, farcì con i suoi di ricordi. Ecco perché la storia nasce a Firenze."


Zingarate toscane. “Cos’è la zingarata? Un’auto, e noi sopra. Monicelli accendeva la musica e dava il ciak. Improvvisazione... anche. Ma soprattutto è la fine dell’inizio, quando annoiati ci fermiamo alla giostra, sui cavallini, col pensiero che è notte fonda e che dobbiamo tornare alla vita reale. Non azzardo se dico che Amici Miei è stato molto più documentario che film. E le zingarate probabilmente esisterebbero ancora se il tempo non ci avesse cambiato. Oggi apriamo la finestra e l’Italia, il mondo, non ci permettono nessuna zingarata, nessuno spiazzo di allegria. Non è più possibile, come invece avveniva in quel film, abbandonare per una attimo la quotidianità. Gli anni Sessanta e Settanta erano fatti di speranze e il cinema era un’industria in movimento”.

Gli schiaffi alla stazione. Una delle scene epocali del film, quando i 5 amici vanno alla stazione a prendere a schiaffi la gente che partiva, Moschin la ricorda come un incubo.
Si creò una rivolta tra le comparse del film perché Monicelli voleva che gli schiaffi fossero veri.
“Noi di corsa, saltando, dovevamo cercare di non far male a quei ragazzi. Ma il regista, col megafono, urlava, più forte, più forte. Non fu un vezzo, era il clima di quei giorni sul set, e a Mario piaceva giocare, nonostante l’autorevolezza che poi aveva. Lui che urlava picchiate, in faccia, più forte. E le comparse incazzate nere. Fu un incubo girare quelle scene”.


La crocifissione “Un calvario! Il mio incubo l’ho vissuto sul set del secondo episodio di quella che è stata la trilogia. Partecipo alla processione, porto la croce in spalla e vengo crocifisso. Monicelli decise che la croce doveva spezzarsi e cadere. Non c’era una controfigura, ero io! E mentre stavo lassù, oltre alla paura di farmi male, nonostante cadessi su fango morbido, temevo che mi lasciassero lì nella melma. Un senso di impotenza. Non accadde... ma ci avrebbero messo un attimo a dire, ok ragazzi, la scena va bene, ci vediamo domani alle dieci sul set, ciao”. 

Era questo lo spirito. Anche perché sul set nacquero amicizie vere, che andarono avanti negli anni. Soprattutto Ugo Tognazzi con Adolfo Celi, che non si lasciarono più. E Moschin con Renzo Montagnani, subentrato nell’Atto II a Duilio Del Prete che non stava bene e che era il barista Necchi. “Con Renzo”, racconta Moschin, “nacque qualcosa in più. Ero attaccatissimo a tutti, lui divenne da quel momento uno dei miei amici più cari”.

L’epilogo della commedia. “Amici miei non è un film comico. Dentro ci sono maschere tragiche, come quella di Tognazzi. C’è la morte di Noiret, c’è la solitudine di tutti noi. Non nasce per far ridere. La risata scaturiva dalla grossolanità dello scherzo”.
Moschin posa lo sguardo su quello che invece è il cinema italiano oggi. Non vive di nostalgie, ma in maniera solida spiega che con il secondo atto di Amici miei si è chiuso definitivamente un ciclo, quello della commedia all’italiana.

Ci vediamo a Maggio!
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