Grande Bellezza o non Grande
Bellezza, questo è il dilemma!
Per questo terzo appuntamento con
la rubrica di cinema Life on Mars, è stato davvero un dilemma scegliere
l’argomento: parlare del nostro premio oscar La Grande Bellezza e rischiare di
entrare in quel turbine di commenti che ha invaso il web per settimane (sia
all’uscita del film, sia alla sua proclamazione come vincitore del titolo per Miglior Film Straniero), oppure parlare di altro?
Alla fine, sul piatto della
bilancia ha pesato l’ennesimo commento negativo che ho sentito proclamare in pompa magna da
un addetto ai lavori. Ho ripensato quindi allo spirito di sana critica che
caratterizza questa rubrica e ho deciso, proprio all’ultimo momento, di
cambiare direzione: signore e signori ecco a voi La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino vista dal
disco volante di Life On Mars.
“Signorina, mi spieghi che cos’è
una vibrazione!”; credo sia questa la frase chiave, pronunciata dal
protagonista Jep Gambardella (Toni Servillo), che ci permette di entrare non solo
nell’universo fisico del film ma anche in quello metafisico della realtà che
vuole rappresentare. Jep è un sessantenne, scrittore,
giornalista ma soprattutto mondano festaiolo. Dopo aver dato vita ad un romanzo
di successo all’inizio della sua carriera, arriva a Roma e qui entra nel
circolo delle feste e delle ipocrisie di quel mondo “bene”, figlio del boom
economico degli anni sessanta. Il film, attraverso il protagonista che si
tramuta in una sorta di “spirito errante e osservatore”, ci mostra la decadenza
di quel sogno; il trucco, dietro lo spettacolo di magia (come ci viene ricordato in una scena).
Tornando alla frase di cui si
parlava sopra, questa viene pronunciata durante un’intervista che il
protagonista rivolge ad un'artista contemporanea: la ragazza nomina le
vibrazioni per giustificare il suo lavoro e Jep chiede appunto se lei sappia di
cosa sta parlando. Incalzata dall’uomo la ragazza scoppia in lacrime e confessa
di non sapere assolutamente il significato di ciò che ha millantato come fondamento del suo lavoro artistico
.
Potrei anche chiudere qui
l’articolo, dato il fatto che la scena di cui ho parlato è la fotografia di quello che
sta accadendo attualmente non solo in Italia (paese che, purtroppo per noi,
tende a rendere più evidenti certe problematiche), ma nel mondo intero.
Tuttavia così andremmo a trascurare uno degli elementi fondamentali del film,
cioè i commenti che esso ha suscitato.
Vorrei portare due piccole premesse prima di affrontare l’argomento dal suo punto di vista più spinoso: l'opinione pubblica.
La prima è di carattere filosofico. La preoccupazione di capire se
esiste e dove si nasconde il Bello Universale è una questione che l’uomo
affronta praticamente fin dall’alba del pensiero e non dobbiamo certo
aspettarci che il regista Paolo Sorrentino possa arrivare a dare la soluzione a tale
mistero.
La seconda premessa è di carattere personale: non faccio mistero del fatto che il film mi abbia notevolmente colpito in positivo.
Detto ciò non posso esimermi dal notare come molti commenti, sia in
positivo che in negativo, siano assolutamente legittimi e al contempo radicati in quella
mentalità sociale che il film stesso va a colpire e a mostrare. Non credo che la potenza espressiva de
La Grande Bellezza sia nella sceneggiatura o nella regia ma più in quella
fotografia del "qui ed ora" che ci viene mostrata in maniera intima,
ferocemente delicata, senza un preciso tempo della narrazione ma come un flusso
di emozioni che navigano attraverso la città di Roma proprio come fa il
battello sul Tevere nella scena finale, sui titoli di coda.
Questo modo di narrare non è convenzionale e capisco bene tutte quelle
persone che hanno detto: “Se ‘sto film ha vinto l’oscar sarà pure bello, però …
du’ palle!”. Forse questo è il commento che comprendo di più. In fin dei conti
oggi siamo abituati ad un altro tipo di narrazione e molti film in sala o
fiction televisive (soprattutto italiane), propongono uno standard narrativo
decisamente minimale. Tale fenomeno si sta riversando anche nella letteratura,
nel teatro e in altre forme artistiche.
Muovendo da questo aspetto è facile comprendere anche l’altro commento frequente:
“Quando abbiamo vinto l’oscar con Benigni, il film era migliore”. Con tutto il
rispetto per Roberto Benigni, per il quale provo notevole stima, La Vita
è Bella è un film molto furbo (come il suo regista); il paragone con l’opera di
Sorrentino non regge: il primo è un film che tocca con spiccata sensibilità la
nostra storia trapassata, il secondo affronta con, mi ripeto, dolce ferocia il
nostro presente. In buona sostanza è più facile essere d’accordo sul fatto che
Hittler sia stato un pazzo piuttosto che ammettere che stiamo vivendo in una
realtà fondata su un gioco di specchi.
Entrambi i film hanno punti di forza e sicuramente difetti. Infatti considerare La Grande Bellezza un capolavoro è del tutto soggettivo
e non si può, come mi è capitato di leggere, dare dell’imbecille a chi la pensa
diversamente. Vale però anche il contrario e qui arriviamo a quei commenti che
più mi hanno irritato: “La Grande Bellezza è una M…A! Speriamo che non vinca
l’oscar… Ma cosa dice di nuovo rispetto a Fellini, Scola… ”, etc, etc.
Molte di queste opinioni sono state date dai così detti “addetti ai
lavori”. Ancora oggi mi chiedo perché molte persone si sono
accanite in questo modo contro Sorrentino e il suo film. Lungi da me fare
l’avvocato difensore, però certi commenti su prodotti validi a mio modesto
avviso non aiutano la crescita culturale del nostro paese.
Partiamo dal regista. Gli ultimi tre film di Paolo Sorrentino sono: Il Divo, This Must Be
The Place, La Grande Bellezza; tre film notevoli, con difetti (chi è senza
peccato scagli la prima pietra!) ma anche di un certo livello stilistico e
autoriale. Parafrasando Elio e le Storie tese possiamo dire che Sorrentino non
sarà il primo della lista ma neanche l’ultimo degli stronzi!
Tornando al nostro film, trovo molti spunti di riflessione, un’ottima
fotografia, una storia diversa, da seguire e da scoprire anche e soprattutto
nel messaggio che fa passare; c’è un’ottima scelta del cast e tutti lavorano in sintonia dando nel complesso una buonissima prova. Allora perché tutta
questa negatività? Perché queste persone si scagliano contro un film italiano
che merita di vincere un oscar e difendono poi a spada tratta fiction
inguardabili? Perché persone anche di spiccata cultura cinematografica hanno
sparato a zero su un prodotto che non merita tutta questa critica negativa?
Ho riflettuto e ho notato che la risposta è proprio all’interno del film.
La Grande Bellezza è un titolo di copertura proprio come la società delle feste
e degli stravizi è la facciata scanzonata di una realtà decadente che, come
dirà il personaggio della Santa al protagonista, ha dimenticato le proprie
radici.
In questo breve e non esaustivo articolo, non ho voluto di proposito parlare del film in
sala ma del film tra la gente perché questo è La Grande Bellezza: una
pellicola che ha riportato tra la gente un dibattito culturale, con tutto il
caleidoscopio dei suoi commenti. È spiando attraverso questo spaccato sociale
che possiamo comprendere a pieno quello che il film vuole trasmetterci. Se
guardassimo ora ai personaggi che popolano la pellicola ritroveremmo
rappresentati tutti i caratteri ai quali potremmo attribuire i commenti di cui
abbiamo parlato: ci sarebbe quello che… Du’ Palle!, quello che… Ma che è sta
M….a! Io saprei fare molto meglio!, quello che… Cosa mai stai dicendo di
nuovo!, quello che… Sei un capolavoro!, quello che…
Alla fine, ci sarebbe Jep, forse l’unico che ha sollevato
leggermente la testa dalla punta delle sue scarpe; lui che si volterebbe verso
gli altri, verso di noi, e ci domanderebbe: “Signori, che cos’è una
vibrazione?”
Forse è tutta qui la grande bellezza che i filosofi cercano di definire da secoli; è qui nella migliore delle soluzioni: una risposta che ti lascia con una nuova domanda.
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