domenica 7 settembre 2014

È stato un gran bel gioco... Veramente!

Una volta un filosofo spiegava che non dobbiamo avere paura della morte perché essa fa parte del ciclo della vita e che dovrebbe spaventarci maggiormente l’idea d’immortalità, poiché essa sarebbe innaturale per un essere vivente.
Questo concetto mi è tornato alla mente l'11 agosto 2014, il giorno della scomparsa dell’attore Robin Williams. Vi spiegherò il perché nelle poche righe che seguono, premettendo che in esse non troveremo né un elenco freddo e distaccato di film, né le parole di addio per un caro amico. Ho solo voglia di ricordare un attore che
, attraverso le sue interpretazioni, mi ha accompagnato artisticamente per buona parte della mia vita.



La serie tv Mork & Mindy è stato il primo contatto che ho avuto con Robin Williams: ricordo ancora quando, da bambino, mi divertivo a sedermi sul divano a testa in giù e, quando mia madre mi rimproverava, le rispondevo semplicemente “NANO-NANO” con le dita della mano aperte a formare una V.

Tuttavia sono stati i suoi ruoli cinematografici a farmelo conoscere come grande interprete e tra i film che mi hanno fatto appassionare al mondo del cinema, diversi hanno Robin Williams come protagonista. La sua presenza è in numerose pellicole e, con onestà, devo dire che non tutti sono buoni film. Tuttavia la forza interpretativa di quest’attore ha saputo donare spessore alla maggior parte delle opere in cui ha lavorato.
In questa occasione mi sento di citare solo uno dei suoi film, quello che più mi è rimasto nel cuore: HOOK- Capitan Uncino. Un cast eccezionale e un’eccezionale regia (Steven Spielberg) aveva rivoluzionato le regole dell’Isola che non c’è per dimostrare che si può rimanere bambini (nel senso positivo del termine) anche crescendo. In questa pellicola, Robin Williams interpreta un Peter Pan padre di famiglia e uomo in carriera che ha perso di vista i suoi pensieri felici. Sarà l’intervento malandrino del perfido Giacomo Uncino, che gli rapisce i figli per spingerlo a tornare sull’isola che non c’è,  a riportarlo, involontariamente, sulla retta via e a fargli scoprire che: “Vivere può essere una grande avventura!” (Cit.)


Se ne sono dette tante sui motivi che hanno portato Robin Williams al suicidio. Personalmente trovo quelle “notizie” superficiali e non d’interesse per quest’articolo. Tuttavia non posso fare a meno di domandarmi se, prima di togliersi la vita, Robin Williams non abbia ripensato a quella frase di speranza, al suo Peter “Bunnister” Pan e a tutti quei personaggi che ci hanno dato sogni, speranze e sorrisi. Forse è proprio quest’aspetto che più mi rattrista della sua morte: l’idea che una persona apparsa sempre solare, altruista, forte e positiva, alla fine sia arrivata a togliersi la vita. La fragilità dell’essere umano ha sconfitto l’immagine che l’attore ci ha dato di sé. Tuttavia quell’immagine resterà “immortale” nei suoi film e noi lo vedremo ancora travestirsi da donna per stare con i suoi figli (Mrs. Doubtfire), scendere all’inferno per ritrovare sua moglie (Al di là dei sogni), oppure far ridere i bimbi nelle corsie d’ospedale (Patch Adams). Noi saremo lì ogni volta e avremo sempre le lacrime agli occhi sia che si tratti di ridere o di emozionarsi.
Arrivati a questo punto, si spiega la frase del filosofo con il quale si apre questo scritto: se alla morte dell’uomo permane l’eternità dei suoi personaggi, abbiamo creato qualcosa d’innaturale?

Per quanto mi riguarda, la risposta è semplice, l’uomo muore ma le sue idee (in questo caso le emozioni che un attore ha saputo donarci), persistono nelle sue opere. Così i personaggi di Robin Williams continueranno a farci sognare ed emozionare anche negli anni a venire e chissà se, un giorno, un marmocchio non si siederà a testa in giù sul divano di casa mia salutandomi con la mano aperta al suono di “NANO - NANO”.

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