mercoledì 3 settembre 2014

I FIGLI DEL JAZZ-PARTE PRIMA

Amici lettori ben trovati! Finita l’estate si ricomincia a…ballare! Questa volta vi parlerò di Jazz e dei balli nati grazie a questo stile musicale; non mi addentrerò troppo nella storia del Jazz altrimenti non basterebbero 10 articoli…e poi qui si parla di ballo e ballerini! Nato nei primi
anni del XX secolo nel sud degli Stati Uniti all’interno delle comunità afroamericane il Jazz è una forma musicale contemporanea, le cui caratteristiche fondamentali sono l’improvvisazione, il ritmo swing (saltellante,dondolante), la poliritmia (impiego simultaneo di più ritmi nelle singole voci di una composizione) e le “blue note” (una nota corrispondente al  III, V o VII grado della scala maggiore suonata o cantata in maniera leggermente calante). La formazione jazzistica moderna tipica è costituita da un gruppo musicale di pochi elementi, solitamente un quartetto formato da una sezione ritmica composta da batteria, basso o contrabasso, pianoforte e da uno strumento solista, in genere un sassofono o una tromba. Tutta la musica Jazz è oggi definita ”musica colta, soprattutto grazie a George Gershwin, pianista e compositore, iniziatore del musical americano, ispirato da autori di musica classica, morto a soli 39 anni ma molto prolifico (scrisse piu’di 700 brani). Il Jazz si affermò prima in America poi in tutta Europa: erano gli anni dell’Old Jazz, della Prima Guerra Mondiale, del suffragio universale. L’emancipazione femminile ebbe riscontro anche in molti aspetti della vita sociale apparentemente poco rilevanti, come appunto il ballo: il periodo che seguì la Grande Guerra fu caratterizzato da una necessità di divertimento tale che la danza assunse un ruolo di primo piano nella vita sociale. Le donne del Charleston furono le prime a godere di uno stato di parità tra i sessi, non sociale ma quantomeno politico, si liberarono dei lunghi vestitoni pesanti e si lasciarono alle spalle la condizione di inferiorità e di passività che era loro forzatamente propria. Il Charleston fu come…il cacio sui maccheroni! Rispose perfettamente al bisogno di svago e consentì di vivere con più libertà i rapporti sociali: la necessità di un partner fisso nel Charleston era del tutto trascurabile e i frequenti scambi di partner davano alle donne una libertà che non avevano mai avuto.
Il suo nome deriva dalla città di Charleston, nella Carolina del Sud e la sua popolarità negli Stati Uniti ebbe inizio nel 1923 grazie alla canzone The Charleston di James P.Johnson

Tra i balli di derivazione jazzistica in voga in quel periodo il Charleston era il più scatenato, caratterizzato da movimenti così frenetici e sfrenati che fu anche definito "il ballo degli epilettici". La carica musicale e ritmica del Jazz insieme all’originalità dei passi fu sì una liberazione dalle stretture precedenti ma anche uno scandalo per i benpensanti, ancora ignari che quello sarebbe stato solo l’inizio…. Il Charleston infranse tutte le regole dei balli da sala europei. La sua caratteristica di movimento era il gettare all'esterno le gambe con le punte dei piedi rivolte all'interno cercando di mantenere le ginocchia unite. Il tutto seguito da sgambettamenti, salti, calci e tutto ciò che il ritmo swing della musica Jazz suggeriva. La musica era arricchita dal suono di un nuovo strumento a percussione, il charleston, praticamente due piatti di metallo posti uno sopra l'altro. La leggenda vuole che i primi a ballare una forma di Charleston siano stati alcuni scaricatori neri del porto dell'omonima città, ispirandosi ai movimenti che eseguivano per caricare o scaricare le merci dalle navi. Secondo alcuni studiosi invece il Charleston imita i movimenti base delle danze propiziatorie delle tribù africane. L'impresario George White nel 1923 lo inserì nel programma della rivista musicale “Runnin' Wild”: lo spettacolo era interpretato da una compagnia di artisti neri e fu presentato per la prima volta a Broadway. Era eseguito da cantanti-ballerini e non prevedeva alcun accompagnamento musicale: il ritmo era scandito dal battito delle mani e dei piedi degli artisti sul pavimento. Sulla scia del successo, il Charleston venne inserito in molti altri spettacoli musicali e nel giro di pochi mesi raggiunse le sale da ballo, in una versione molto semplificata perchè solo i professionisti erano in grado di eseguire i salti e le acrobazie delle coreografie teatrali. Nel 1925 ci fu il boom del Charleston anche in Europa. La canzone “Yes sir! That's my baby” (con allegati al disco i passi e le figure del ballo) fece letteralmente il giro del mondo; la versione italiana, conosciuta come “Lola, cosa impari a scuola”, scatenò una tale frenesia che il Ministero della Guerra vietò agli ufficiali di ballarlo perché indecoroso nei confronti della divisa. A Parigi la “charleston mania” arrivò grazie alla compagnia teatrale “Revue Negre”e alla sua solista Josephine Beker, conosciuta come “Venere Nera”. Dopo Parigi fu il turno dell'Inghilterra: nel luglio 1925 il Dancing Times organizzò un “tè danzante” per mostrare ai maestri la tecnica del nuovo ballo. Gli inglesi furono travolti dal Charleston, ballavano per le strade, nelle piazze e sui tetti delle auto, provocando sovente ingorghi di traffico. Appeso all'ingresso di molte sale da ballo cominciò a comparire un cartello con la sigla P.C.Q. - “Please Charleston Quite”; nacque così il flat charleston, una versione molto meno scatenata. Nonostante questo inizio sfavillante, il charleston non durò a lungo e venne sostituito dal quick step e dagli altri balli jitterbug (modi di ballare lo swing) che prediligevano l'esecuzione solistica. Nonostante la sua breve vita, il

Charleston fu una delle immagini più suggestive di quel decennio che aveva visto nascere la radio e il cinema sonoro e che si concluse con il crollo di Wall Street nel 1929. Il Charleston resta dunque il ballo di origine jazzistica più significativo ma meno longevo…rimarranno nei nostri ricordi i caschetti neri e i vestitini con le frange, ma difficilmente lo vedremo ballare nei dancing dei giorni nostri. Cosa che invece succede con lo slow fox, col fox trot e col quick step, dei quali parleremo la volta prossima. Un saluto con la gambetta alzata e un a…rileggerci al mese prossimo!

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