Una volta un filosofo spiegava che non dobbiamo avere paura della morte perché essa fa parte del ciclo della vita e che dovrebbe spaventarci maggiormente l’idea d’immortalità, poiché essa sarebbe innaturale per un essere vivente.
Questo concetto mi è tornato alla mente l'11
agosto 2014, il giorno della scomparsa dell’attore Robin Williams. Vi spiegherò
il perché nelle poche righe che seguono, premettendo che in esse non troveremo né
un elenco freddo e distaccato di film, né le parole di addio per un caro amico.
Ho solo voglia di ricordare un attore che
, attraverso le sue interpretazioni,
mi ha accompagnato artisticamente per buona parte della mia vita.
La serie tv Mork & Mindy è
stato il primo contatto che ho avuto con Robin Williams: ricordo ancora quando,
da bambino, mi divertivo a sedermi sul divano a testa in giù e, quando mia
madre mi rimproverava, le rispondevo semplicemente “NANO-NANO” con le dita
della mano aperte a formare una V.
Tuttavia sono stati i suoi ruoli
cinematografici a farmelo conoscere come grande interprete e tra i film che mi
hanno fatto appassionare al mondo del cinema, diversi hanno Robin Williams come
protagonista. La sua presenza è in numerose pellicole e, con onestà, devo dire
che non tutti sono buoni film. Tuttavia la forza interpretativa di quest’attore
ha saputo donare spessore alla maggior parte delle opere in cui ha lavorato.
In questa occasione mi sento di
citare solo uno dei suoi film, quello che più mi è rimasto nel cuore: HOOK-
Capitan Uncino. Un cast eccezionale e un’eccezionale regia (Steven Spielberg) aveva
rivoluzionato le regole dell’Isola che non c’è per dimostrare che si può
rimanere bambini (nel senso positivo del termine) anche crescendo. In questa
pellicola, Robin Williams interpreta un Peter Pan padre di famiglia e uomo in
carriera che ha perso di vista i suoi pensieri felici. Sarà l’intervento
malandrino del perfido Giacomo Uncino, che gli rapisce i figli per spingerlo a
tornare sull’isola che non c’è, a
riportarlo, involontariamente, sulla retta via e a fargli scoprire che: “Vivere
può essere una grande avventura!” (Cit.)
Se ne sono dette tante sui motivi
che hanno portato Robin Williams al suicidio. Personalmente trovo quelle “notizie”
superficiali e non d’interesse per quest’articolo. Tuttavia non posso fare a
meno di domandarmi se, prima di togliersi la vita, Robin Williams non abbia
ripensato a quella frase di speranza, al suo Peter “Bunnister” Pan e a tutti
quei personaggi che ci hanno dato sogni, speranze e sorrisi. Forse è proprio quest’aspetto
che più mi rattrista della sua morte: l’idea che una persona apparsa sempre
solare, altruista, forte e positiva, alla fine sia arrivata a togliersi la vita.
La fragilità dell’essere umano ha sconfitto l’immagine che l’attore ci ha dato
di sé. Tuttavia quell’immagine resterà “immortale” nei suoi film e noi lo
vedremo ancora travestirsi da donna per stare con i suoi figli (Mrs. Doubtfire),
scendere all’inferno per ritrovare sua moglie (Al di là dei sogni), oppure far
ridere i bimbi nelle corsie d’ospedale (Patch Adams). Noi saremo lì ogni volta
e avremo sempre le lacrime agli occhi sia che si tratti di ridere o di
emozionarsi.
Arrivati a questo punto, si
spiega la frase del filosofo con il quale si apre questo scritto: se alla morte
dell’uomo permane l’eternità dei suoi personaggi, abbiamo creato qualcosa d’innaturale?
Per quanto mi riguarda, la
risposta è semplice, l’uomo muore ma le sue idee (in questo caso le emozioni
che un attore ha saputo donarci), persistono nelle sue opere. Così i personaggi
di Robin Williams continueranno a farci sognare ed emozionare anche negli anni
a venire e chissà se, un giorno, un marmocchio non si siederà a testa in giù
sul divano di casa mia salutandomi con la mano aperta al suono di “NANO - NANO”.
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