domenica 1 giugno 2014

Sogno di una notte di "quasi" estate



Pochi giorni fa si è conclusa l'edizione 2014 del Festival del Cinema di Cannes. Sempre pochi giorni fa ho visto il film che ha aperto il festival: Grace di Monaco diretto da Olivier Dahan e con Nicole Kidman nel ruolo della principessa e attrice Grace Kelly.
Il giorno successivo ho accompagnato una classe di bambini di quinta elementare a Torino e ho visitato il Museo del Cinema che si trova all'interno dell'imponente Mole Antonelliana. Il primo pensiero è stato subito per il festival di Cannes: per la serata dedicata ai western all'italiana e per quella grande fotografia di Marcello Mastroianni che, con la sua smorfia beffarda, si gustava tutta la passerella delle star dal manifesto ufficiale del festival. Alla fine è arrivato il momento di scrivere l'articolo per LIFE ON MARS e tutti questi input si sono come cristallizzati.
"Questa rubrica dovrebbe parlare di cinema", mi sono detto, "Non di un solo film al mese!"
"Certo ma è attraverso l'analisi di uno specifico film che si può parlare di cinema", ha prontamente risposto l'altro me.
Per fortuna, alla fine, le due parti si sono accordate e hanno dato vita a questo breve ma infuocato articolo.

Quindi dicevamo: Grace di Monaco. Faccio subito una confessione: ciò che mi ha invogliato a vedere il film è stata la presenza di Tim Roth nel cast. 

Il film ci mostra una Grace Kelly (Nicole Kidman) alle prese con il suo "più grande ruolo mai interpretato": quello di madre, moglie e Principessa di uno stato piccolo ma turbolento. Il film diretto da Olivier Dahan infatti accenna di passaggio all'abbandono del grande schermo da parte della famosa attrice e si concentra sulla sua metamorfosi da star di Hollywood a Eroina della Patria. Sarà per merito suo infatti che l'allora presidente francese Charles de Gaulle, rinuncia ad annettere il Principato di Monaco con la forza alla Francia.
Il film è ambientato nel 1962 e il regista utilizza tutta una serie di inquadrature e cambi scena che richiamano un po' al modo di fare film dell'epoca; sicuramente un omaggio al personaggio di Alfred Hitchcock, presente nel film come un gancio con il passato per la combattuta Grace.
Per il resto ci troviamo davanti ad un film di una noia e di una "piattezza" che ti portano quasi a sperare che de Gaulle spari un paio di cannonate di avvertimento, almeno per dare un po' di sprint al tutto. Il film possiede un'indubbia eleganza visiva che ne permette una visione quantomeno fruibile ma la storia si accartoccia su se stessa e non basta neppure la fredda bellezza della Kidman o il piglio di Tim Roth (che fa un Ranieri III più simile ad un Padrino che ad un Re) a sollevarla. Qualcosa si muove verso la fine del film ma se devo paragonare quest'opera a "Il Discorso del re" di Tom Hopper (2011), quest'ultimo vince su tutti i fronti.

Non c'è molto altro da dire su questo Grace di Monaco, così ne approfitto per dare sfogo all'altro me, quello che vorrebbe parlare di cinema in maniera più aperta e la visita al Museo del Cinema di Torino mi da il giusto slancio per farlo; soprattutto in relazione a quell'alta considerazione che il mondo ha per il nostro cinema nazionale e che noi invece sembriamo ignorare. Il festival di Cannes sceglie come manifesto Marcello Mastroianni e noi facciamo sfilare Gabriel Garco. Ho cercato di girarci intorno, di evitare la "polemica" ma proprio non posso farne a meno. Il problema è che mentre il mondo ci festeggia mostrando i film di uno dei maestri del genere western come Sergio Leone, mentre il mondo ci riconosce artisticamente attribuendo un oscar al nostro cinema, il grosso della produzione nazionale continua a rimanere legato a "figli dei figli" che potrebbero fare molto meglio altri mestieri, continua a raccontare la realtà attraverso la solita e immancabile "famiglia in crisi" o attraverso l'imbecille di turno che, circondato da altri imbecilli, fa qualcosa di ancora più imbecille che "AHAHAHAH!!! Come rido!!!".
Se poi però si propone qualcosa di leggermente diverso o di vedute più ampie, la risposta è: "Ma questo genere non ci appartiene. Queste cose in Italia non si possono fare!"
Infatti Sergio Leone è diventato maestro mondiale di un genere che non ci appartiene e il mondo lo celebra...

 
Così, entrare nel Museo del Cinema di Torino e respirare l'aria di un fantastico mondo che si materializza davanti ai tuoi occhi ti ricorda quanto ci sia di poco funzionante in un sistema che continua ad investire sulla mediocrità piuttosto che rischiare la grandezza. E, vi prego, risparmiatemi il solito: "È stato sempre così, come possiamo pretendere che cambi?" perché è un'idiozia.

Primo, non è stato sempre così (Rossellini nel dopoguerra usciva in strada e ci dava lo spirito di quello che era l'Italia nei poveri e difficili anni del dopoguerra), secondo si deve cambiare, altrimenti torniamocene a vivere nelle caverne che quello sì che è stato così all'inizio della nostra EVOLUZIONE.

Questa sera, quando andremo a dormire, proviamo a sognare tutti assieme una Grace Kelly che possa venire a cambiare un po' la mentalità del nostro paese. Vana speranza dite?
Io preferisco considerarlo solo un piccolo sogno di una notte di quasi estate.

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