martedì 1 luglio 2014

LAS VEGAS: il sogno americano




foto di Futura Tittaferrante                                                                                                                        
LAS  VEGAS: il sogno americano

Copio e incollo la descrizione che mi ha fatto della città mia figlia che si trova lì per lavoro.
Premetto che mia figlia è una fotografa di scena professionista,  abituata a confrontarsi con il cinema e il teatro, quindi  certamente con uno sguardo 
addestrato alla fiction
Centinaia di impiegati per Hotel
Centinaia di impiegati per Casinò
Ogni Hotel ha il suo Casinò.
Ogni Hotel ha il suo centro commerciale
Ogni Hotel, Casinò, centro commerciale è lungo o largo 1 km e profondo altrettanto.
Per andare dall'Hotel all'Hotel successivo si usa il taxi.
Per attraversare una strada si impiegano 7 minuti interi.
Torri di 30 metri impilate di maxi schermi ultra-piatti e insegne accese 24 ore su 24.
Sculture a imitazione delle 7 meraviglie del mondo in scala reale. Vulcani e battaglie pirata su Galeoni, anche.
Centri commerciali con laghi fiumi montagne barche e relativi eventi atmosferici ricostruiti e attivi 24 ore su 24 come neanche a Disneyland.
Strade da almeno 4 corsie per lato.
Semafori su aste ondulanti che si estendono su tutta la larghezza dell'asfalto.
Vendita di oggetti e accessori che neanche la più fervida immaginazione europea potrebbe pensare.
In tutti i bar vendono ossigeno alla spina. Nei centri commerciali ci sono i chioschi dove fermarsi per fare rifornimento di ossigeno in cannuccia.
L'aria condizionata a 10 gradi centigradi sparata in tutti i locali al chiuso viene sparata con ventilazione e con aggiunta di ossigeno così che chi gioca nei casinò non senta mai sonno.
Nei Casinò i cieli non devono vedersi o sono ricostruiti finti e retro-illuminati per far si non ci si accorga di quando sia giorno e quando notte.
E' tutto inverosimilmente enorme, rumoroso, illuminato. Un fisheye non ce la farebbe a riprendere un intero complesso se non da 30 metri di altezza.

Eppure c'è fila, c'è fila ovunque. C'è fila nei locali dove il peggiore dei tavoli per ascoltare Calvis Harris costa 10.000 dollari. Fa fila chi spende queste cifre.
C'è traffico, un traffico tale da impiegare 20 minuti per fare un km e mezzo in auto, con quattro corsie di auto piene.
C'è un terzo stato di messicani. Un vero e proprio terzo stato di impiegati messicani dalla rara gentilezza e dal sorriso profondo che hanno le uscite ed i parcheggi riservate a lato, sul retro, in modo che solo i pick-up e le Porsche luccicanti ti accechino la vista sotto il sole delle 12 e tutte le altre auto rigorosamente anni 70 restino di passaggio.
E poi c'è il deserto, deserto sconfinato di pietra cactus e palme secche.
Las Vegas è una cazzo di città nel deserto nata sul corso di un fiume interrotto appositamente perché nascesse.
E' una cazzo di città dove i balconi su cui affacciano le stanze sono chiusi a chiave per l'eccesso di voli tentati.
 E' una cazzo di città fantasma accesa 24 ore su 24 da un numero inverosimile di anni senza mai un blackout.
Ecco cosa vogliamo, noi esseri umani dai marcescenti immaginari.”
Non credo ci sia nulla da aggiungere a questa descrizione, per me agghiacciante.
Io continuo a sognare  un mondo più equo e solidale  basato  sul rispetto delle persone e del territorio, sui rapporti umani , sull’essere  e non sull’apparire.
Piccoli gesti quotidiani, come anche la scelta di un caffè , l’attenzione nel parcheggiare garantendo la mobilità a chi è costretto su una sedia a rotelle, fare la raccolta differenziata,  regalare sorrisi e gentilezza, possono essere importanti per invertire la rotta di degrado da anni intrapresa sull’onda del consumismo.
Io sono molto vicina a quel terzo stato di messicani .




Nessun commento:

Posta un commento